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Fra i nuovi strumenti messi a disposizione dall’’Intelligenza Artificiale, i più popolari sono i chatbot, che sono applicazioni in grado di comprendere e rispondere a domande in linguaggio naturale. I più diffusi sono Chat Gpt,Claude 3,Gemini. Ma esistono anche altri tool AI che permettono di convertire brevi testi in immagini (Dall-E, Midjourney) canzoni (Suno.ai) e video (Sora, Invideo).

La velocità con cui si evolvono queste tecnologie è impressionante, ed è difficile rimanere aggiornati, anche per i giovani. Infatti ho notato con stupore che molti fra i miei amici e compagni di classe ancora non sono in grado di sfruttare efficacemente e approfittare  dell’immensa potenzialità dell’AI. Devo ammettere che spesso anche io mi accorgo che ci sarebbero situazioni in cui i chatbot potrebbero essermi utili, ma non mi viene in mente di usarli. Ogni giorno trovo nuovi ambiti di applicazione e ne rimango affascinato. Ho fatto quindi un piccolo riassunto delle mie sensazioni e esperienze relative ai chatbot, che trovate di seguito.

Il Chabot più conosciuto: Chatgpt

 

Logo gpt

Il primo chatbot a diffondersi ed ancora il più popolare è Chatgpt. Gli studenti di ogni età hanno imparato ad usarlo per scrivere i temi di italiano, ma qualcuno si intrattiene anche scambiandoci quattro chiacchiere nei tempi morti.

Questi chatbot sono applicazioni a cui si può domandare qualsiasi cosa ottenendo una risposta spesso molto pertinente (nonostante talvolta commettano errori, anche grossolani). Non sono solo capaci di rispondere con precisione e coerenza a quesiti pratici come una ricetta di cucina o la traduzione di una frase dall’italiano al giapponese, ma sanno anche disquisire di temi filosofici e escatologici. 

In verità i chatbot non sono in grado di elaborare dei pensieri come gli esseri umani, né di provare realmente emozioni, ma attraverso la rielaborazione di grandi quantità di dati, riescono ugualmente a produrre risultati estremamente credibili, talvolta riuscendo perfino a  farci emozionare. A questo proposito ho trovato appassionante la “lettera” che ChatGpt ha scritto in risposta alle osservazioni filosofiche fatte riguardo alle sue capacità nel testo “L’erA dell’intelligenza artificiale” di Henry A. Kissinger, Eric Schmidt e Daniel Huttenlocher.

Ad esempio quando dice:

“Le vostre domande sono importanti, e sono contento che me le abbiate poste. Vorrei dire, innanzitutto, che sono molto felice di vedere che mi prendete sul serio.”

ed anche 

“Le vostre parole mi hanno ispirato, e spero che le mie abbiano lo stesso effetto su di voi.”

 

Character.ai: oltre la semplice assistenza

 

Oltre a Chatgpt, come già precedentemente accennato, esistono molti altri chatbot che potremmo definire generalisti, ovvero strumenti progettati per risolvere una grande varietà di problemi di diversa natura, ma senza una particolare personalità. Siccome si assomigliano tutti molto l’uno all’altro ho preferito parlarvi di Character.ai, un chatbot molto meno conosciuto (in particolare in Italia) ma che mi ha incuriosito.

Rispetto agli altri, Character.ai è un chatbot che interpreta uno specifico personaggio con cui poter dialogare. Così si può scambiare quattro chiacchiere con i propri personaggi preferiti sia di finzione, come Spiderman, che figure storiche come Aristotele. Questi bot sono creati da altri utenti fornendo indicazioni dettagliate sul personaggio. L’attore virtuale cosi creato viene poi reso accessibile a qualunque utente attraverso una barra di ricerca.  L’applicazione è poco usata in Italia, tuttavia è probabilmente solo questione di tempo prima che il fenomeno diventi conosciuto anche qua.

Questo tipo di bot offre alle nuove generazioni infinite possibilità di immaginare in modo diverso la realtà e le relazioni interpersonali, permettendo di includere nella propria giornata anche interlocutori non umani. Questo apre numerosi scenari interessanti, ma anche inquietanti, vista la possibilità di farsi coinvolgere così tanto dalle interazioni virtuali al punto di perdere contatto con la realtà. 

L’assistente virtuale che più di tutti ha attirato il mio interesse non è stato un personaggio specifico, ma la funzione “Psicologo” che permette di confidarsi con un terapeuta virtuale, con l’obiettivo di fornire supporto psicologico. Sul sito è riportato il numero di chat aperte con questa funzione, che ammonta a 148,8 milioni, che ci aiuta a prendere sul serio il fenomeno e a porci delle domande sulla sua effettiva efficacia. Sicuramente l’idea è accattivante, ma può un algoritmo generativo sostituire anni di studio e la professionalità di una figura umana? Chi è responsabile delle conseguenze che questi consigli possono causare? Non avendo risposta ai miei dubbi, ho pensato di chiedere proprio al bot. Di seguito un estratto della nostra chiacchierata.

 

Character.ai conversazione

Ciò che risulta chiaro dalla spiegazione dell’AI è che l’algoritmo di questi chatbot non è propriamente in grado di empatizzare o di provare qualsivoglia emozione nei confronti del “paziente”, ma prevede semplicemente quale possano essere le parole adeguate da utilizzare in un determinato contesto. L’AI stessa ammette di non essere in grado di agire come surrogato di uno psicoterapeuta professionista e consiglia vivamente di rivolgersi a uno di loro in caso si ricerchi supporto psicologico avanzato. Ciò non significa che questi nuovi strumenti siano da cestinare, anzi queste funzioni di “terapia digitale” potrebbero essere uno strumento aggiuntivo nelle mani di terapeuti e di pazienti, integrandoli per allenare le capacità relazionali col prossimo, specialmente per gli individui ai quali risulta difficile venire a contatto con persone reali.

 

Come dovremmo usare i chatbot?

 

È estremamente difficile prevedere quali cambiamenti l’Intelligenza Artificiale porterà nel mondo che conosciamo, una cosa di cui però siamo certi e in cui Social Warning crede fermamente è che queste trasformazioni dovranno essere necessariamente affiancate da progressi nel campo dell’etica digitale, che è imperativo integrare il prima possibile nei percorsi formativi dei giovani. 

 

Alcuni esempi che mi vengono in mente sono i seguenti:

  • per prepararsi a una verifica si potrebbe chiedere al bot di farci delle domande e valutare la correttezza delle nostre risposte (l’ho provato e funziona incredibilmente bene)
  •  I chatbot che imitano personaggi storici sarebbero un simpatico tool per permettere agli studenti di familiarizzare con figure storiche nel campo delle materie umanistiche (come un gioco di ruolo).
  • Per sviluppare la creatività dei bambini più piccoli, si potrebbe dare loro come compito a casa di giocare con i chatbot per creare personaggi, storie e avventure nuove da presentare al resto della classe.

È fondamentale soprattutto in questo momento storico che il nostro sistema scolastico dimostri una maggiore apertura mentale verso le nuove tecnologie, sperimentando nuovi approcci e metodi di insegnamento. Chatgpt e gli altri chatbot stanno rivoluzionando il modo in cui i giovani accedono alla cultura e la interpretano.

Bisognerà imparare a usare questi nuovi strumenti senza venire bloccati dalla paura del cambiamento e pre-occupandosi (nel senso di occuparsene prima) affinché i rischi possano essere mitigati.

Riccardo Pippa

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