La nuova intervista è a Christian Carlino, Creative Director, WordPress Expert, Compositore, Pianista e Founder of InnoBrain & DeLord.
Christian, la prima domanda è uguale per tutti. Come hai incrociato la strada del Movimento?
Ho contattato Davide su Linkedin perché mi piaceva il suo stile comunicativo. Poco tempo dopo lui ha organizzato un incontro per presentare il progetto di quello che sarebbe diventato il Movimento. Io ho partecipato e ho deciso fin da subito di far parte della squadra, per poter dare un mio contributo e mettere a disposizione le mie competenze.
Parto da una riflessione personale. La dipendenza da smartphone è un qualcosa di rappresentabile graficamente. Cioè se un pittore ci facesse oggi un ritratto, credo che almeno l’80% di noi verrebbe dipinto con quell’oggetto in mano, che sembra il prolungamento del nostro corpo. Come mai con uno smartphone in mano ci sentiamo potenti e veloci, ma non abbiamo ancora inventato qualcosa che sostituisca ciò che otteniamo con la fatica?
Mi rendo conto che l’uso e l’abuso dello smartphone, nel nostro quotidiano, ha creato grandi dipendenze. La nostra generazione ha la possibilità di ricordare il mondo prima dello smartphone, mentre le persone nate negli ultimi 20 anni no. Ma oggi abbiamo una caratteristica in comune: per quasi tutti, non avere con sé lo smartphone genera un’ansia automatica e ci fa quasi “non esistere”.
Ti faccio un esempio. Mettiamo che io, da artista, mi voglia fermare per tre anni perché intendo studiare un tema o un concetto da elaborare in futuro. MI disconnetto dai social e, quando mi riconnetto, sono “sparito algoritmicamente”: cioè ho perso visualizzazioni e magari ho perso connessioni. La cosa è abbastanza paradossale, perché in quel momento potrei invece essere più prolifico di prima a livello artistico e più utile a livello sociale.
Mi sono reso conto che tendo a commentare i post delle persone di cui ho stima e con le quali vado d’accordo. Questo però riduce la qualità del mio pensiero e delle interazioni che potrei generare. Per cui, l’avrai notato anche tu, ci ritroviamo a inondare i commenti sotto i post con i “Grazie”, “Complimenti”, “Sono con te”, “Mito”. Faccio una previsione: i bambini di oggi tra 15/20 anni verranno a dirci che avevamo una Ferrari e l’abbiamo usata come un triciclo. Cosa ne pensi?
Probabilmente sì, succederà. Purtroppo sappiamo che i risultati algoritmici rafforzano i nostri interessi espressi e ci mostrano i contenuti dei contatti con cui abbiamo spesso a che fare.
Ma la qualità dei nostri contenuti e di quelli dei nostri contatti non è mica responsabilità di Mark Zuckerberg o di Reid Hoffman, vero?
Verissimo (ride). Onestamente non vedo sui social molte persone che si sbilanciano con opinioni proprie e che sono pronte ad accettare anche opinioni contrarie, per aprire reali dibattiti. Ma fatico anche a trovare contenuti che siano davvero elaborati e pensati, prima di essere pubblicati. Anche online cioè corriamo il rischio di “suonarcela e cantarcela” tra noi, se non facciamo domande per aumentare la curiosità e l’interazione.
Eppure noi viviamo in un’epoca incredibile, nella quale abbiamo accesso gratuitamente a informazioni in un modo mai successo prima d’ora, stando ai libri di storia. La sfruttiamo questa fortuna o la gettiamo al vento?
Guarda, mi viene in mente l’ultimo libro di Alessandro Baricco, “The Game”, dove ci ricorda che le che persone del passato – fino alla generazione dei nostri nonni – hanno visto solo la città dove sono nate e cresciute e hanno avuto accesso a un numero molto limitato di informazioni. Mentre oggi tutti abbiamo accesso alla conoscenza gratuitamente, come ad esempio Wikipedia. Allora la vera sfida riguarda il cosa ne facciamo di questa conoscenza, perché andando avanti di 20 anni – come dici tu – se l’effetto sarà quello di girare video seminudi su Tik Tok, la sfida sarà tragicamente persa.
La percezione che ho è che, in Italia, l’educazione civica digitale sia parecchio scarsa e segua il livello molto basso di educazione civica. Cioè una persona che per scelta non si avvicina a dinamiche politiche, economiche e scientifiche oppure ha la parolaccia e la provocazione facile, molto raramente comunicherà sui social come Piero Angela o come Umberto Eco. Non è che pensiamo di essere connessi e tecnologicamente intelligenti e poi invece siamo connessi solo con noi stessi e più ingenui di quel che crediamo?
Mi vengono in mente tre riflessioni. La prima è che nei prossimi anni sarà normale che sempre più servizi digitali sostituiranno modalità analogiche, anche nella Pubblica Amministrazione. Se però non supportiamo a livello informativo ed educhiamo a livello pratico le persone in questa trasformazione, prevedo un caos pauroso.
La seconda è che trovo assolutamente fondamentale pensare, progettare e introdurre la materia dell’educazione civica digitale entro i prossimi tre anni. E non soltanto nelle scuole per i ragazzi, ma in modalità di insegnamento e affiancamento anche per gli adulti.
La terza è che penso sia comunque troppo “comodo” pensare al peggio. Cioè io incontro ragazzi giovanissimi che sono realmente consapevoli del valore insostituibile dei rapporti umani disconnessi dai social. E so che esistono moltissimi genitori che sanno educare i propri figli a riconoscere il valore del tempo senza smartphone.
Noi abbiamo la nostra rete sociale e la nostra rete digitale (che a volte combaciano, altre volte per niente). Uno dei miei preconcetti personali è che le persone over 60 siano tecnologicamente disadattate, quando invece a volte ne sanno ben più di me. Hai dei preconcetti simili ai miei?
Sì, certamente. In questo caso penso che quello che continua a tenerci distanti sia l’assenza di dialogo: quello che aiuta le persone a conoscersi e a imparare guardando da punti di vista nuovi. Il digitale dovrebbe aiutare questo dialogo, non interromperlo. Dipende sempre dalla nostra capacità critica personale.
C’è un tuo pensiero a cui sei affezionato, che vuoi condividere con noi?
Penso da un po’ che ognuno di noi, nella sua cerchia ristretta, possa essere un eroe. Ma non eroi come Superman o Wonder Woman. Possiamo essere umilmente degli “eroi utili”, per aiutare concretamente chi ci sta vicino con ciò che sappiamo e con ciò che sappiamo fare. Senza diventare per forza degli influencer.
Intervista realizzata da Enrico Chiari