Una bambina di 10 anni è morta partecipando ad una challenge conosciuta, forse, tramite Tik Tok.
Questo fatto porta con sé una tragicità inimmaginabile.
All’improvviso torna di tendenza parlare di educazione digitale per i bambini, per i genitori, per le scuole per tutti.
All’improvviso condanniamo TikTok, le famiglie, i bambini, il mondo che non è più quello di una volta.
È vero, ci vuole più educazione.
Educazione, in primis quando si parla di fatti così tragici.
Educazione nel pesare le parole che usiamo on-line e off-line, perché alcune parole pesano tonnellate e stritolano le persone a cui vengono lanciate.
Educazione quando ci permettiamo di giudicare le vittime di un fatto così tragico che a solo leggere la notizia ti si stringe il cuore.
È vero, ci vuole più educazione digitale.
Un’educazione digitale per le istituzioni, per le famiglie, per i ragazzi.
C’è bisogno che il tema educazione digitale non sia più solo un fottuto trend.
Non sia una moda ma prenda struttura e che coinvolga i ragazzi in maniera sistemica. Forme di educazione digitale inclusive e proattive.
Forme educative moderne, contemporanee ed efficaci.
Non fuffa.
E ci vuole silenzio.
Un rispettoso silenzioso verso queste tragedie.
Dobbiamo essere in lutto perché non ha fallito una famiglia, un paese o una scuola. Abbiamo fallito come società.
Cosa ci resta da fare? Arrenderci agli “ineluttabili algoritmi”? Arrenderci alla complessità del mondo, cedendo alla logica delle semplificazioni, dei “buoni e cattivi”, degli appelli accorati contro tutto e tutti buoni solo a lavarci la coscienza? Arrenderci senza neppure affrontare davvero il problema?
No, per nulla.
Rimboccarci le maniche e fare. Agire il cambiamento. Darci dentro. Chiedere aiuto e dare aiuto.
Un passo dopo l’altro. Un clic dopo l’altro.
Tornare ad essere comunità. Tornare ad essere umani.