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Anche durante il lockdown i dati non mentono: gran parte del tempo lo passiamo online, per informarci, formarci, azzerare le distanze che ci separano dai nostri cari e svagarci. Il tempo in isolamento domiciliare ci ha permesso di approfondire le grandi opportunità che il web ci offre. D’altra parte, purtroppo, ancora troppo spesso la cronaca ci racconta di come il web venga usato per commettere abusi. In questi giorni, in particolare, si è tornato a parlare molto di Revenge Porn.

È Telegram a finire sotto l’occhio del ciclone, a fungere da “terreno fertile” per la proliferazione di gruppi con il chiaro obiettivo di scambiarsi materiale sessualmente esplicito (spesso senza il consenso dell’interessato). In altre occasioni anche Facebook, Snapchat, Whatsapp e Twitter sono stati utilizzati per lo stesso scopo. Ma andiamo con ordine.

Cos’è il Revenge Porn?

Il Revenge Porn consiste nella condivisione non autorizzata di foto o video ritraenti un soggetto in atti intimi o sessuali. Ricerche in merito evidenziano che 3 vittime su 4 sono donne, spesso minorenni. Nella maggior parte dei casi ad agire sono gli ex-partner, guidati dalla vendetta, dalla volontà di arrecare danno all’altra persona. Dal 19 luglio 2019, in Italia il Revenge Porn è reato: la normativa prevede pene detentive e riconosce responsabilità anche a chi condivide i contenuti ricevuti da terzi.

Come foto e video personali arrivano in mani sbagliate?

A volte siamo noi stessi a mettere in circolazione contenuti estremamente privati, altre volte ci vengono a tutti gli effetti rubati. Ecco alcuni fenomeni o “pratiche comuni” a cui prestare particolare attenzione:

  1. Sexting. Internet e gli smartphone hanno mutato le nostre abitudini toccando i più svariati ambiti della quotidianità, non ultima la sfera sessuale. Con il termine sexting facciamo riferimento alla condivisione con il partner di foto e video personali in atteggiamenti intimi e sessualmente espliciti, tramite social, chat o qualsiasi altro supporto tecnologico. Secondo un’analisi del 2019 di Statista, il 37,5% degli italiani tra i 18 e i 40 anni pratica sexting. Per evitare qualsiasi tipo di rischio però è sempre buona norma evitare di diffondere certi contenuti perché:
    Non abbiamo più il controllo su ciò che mettiamo in rete o inviamo a qualcuno. Da quel momento in poi, foto e video non saranno più solo nostri.
  2. Password salvate su altri dispositivi. Quando accedendo ai nostri profili social (ma non solo) optiamo per “Salva password”, chiunque oltre a noi abbia accesso al device (tablet, pc o smartphone che sia) potrà entrare con i nostri profili e disporre di tutto ciò che c’è all’interno.
  3. Back-up. Ogni volta che con lo smartphone scattiamo, inviamo o riceviamo una foto, questa potenzialmente può essere salvata anche altrove. Per esempio sul server dell’app che stiamo utilizzando, o nel cloud su cui abbiamo impostato il backup automatico. 
  4. Hacking. Sono molte le celebrities che hanno visto diffondere in rete scatti privati, rubati dagli hacker. Non capita solo ai vip, però: la triste pratica di rubare account o compromettere profili è piuttosto diffusa.

Cosa fare per contrastare il Revenge Porn?

Il modo più sicuro per contrastare questo fenomeno è la prevenzione: l’attenzione a ciò che condividiamo, anche all’interno di chat private, dev’essere sempre massima. Anche se ci fidiamo dell’interlocutore, è sempre meglio esercitare la massima dose di prudenza ed evitare di lasciare in mano ad altri foto e video che non vorremmo fossero condivisi all’esterno.
Un aiuto concreto per tutelare la nostra privacy può inoltre arrivare da alcune app di messaggistica e social pensate proprio per darci il massimo controllo sui nostri contenuti: in questo articolo (che vi invitiamo a leggere) ne troviamo un elenco.

Che la vittima sia tu, una parente, un’amica o anche un’estranea, agire è la risposta. Se sul web trovi gruppi, pagine, profili, siti o qualsiasi altro luogo dedicato alla condivisione di materiali pornografici, al favoreggiamento di abusi, violenze sessuali e psicologiche, non lasciare spazio a paura, vergogna, rabbia o indifferenza. Agisci.

Questi i tre step che ti invitiamo a seguire:

  1. Screenshotta. Raccogli più prove possibili a testimonianza della violazione.
  2. Segnala e blocca il profilo o il gruppo, affinchè venga chiuso.
  3. Contatta la Polizia Postale o il Garante della Privacy e invia tutto il materiale che hai raccolto.

Solo in questo modo possiamo dare un supporto concreto alle persone che, dall’oggi al domani, senza più privacy e intimità, si trovano a fronteggiare questo tipo di violenze. Il web siamo noi, lo sappiamo tutti ormai. Se vogliamo davvero rendere il web (e il mondo) un posto migliore, è necessario attivarci in prima persona per contrastare queste pratiche inaccettabili.
L’empatia, la sensibilità e il buon senso possono arrivare dove la tecnologia non può (ancora). 

Giada Biagioli

Author Giada Biagioli

Coetanea di Windows '95, laureata in Lingue e Culture Straniere ma con un'innata passione per tutto ciò che è marketing, meglio ancora se digitale. La vocazione per il digital marketing si è poi trasformata nel lavoro che ho sempre sognato, Ligabue la chiamerebbe "Una vita da mediano", per me è semplicemente un'opportunità senza fine che mi permette di conciliare analisi e KPI con l'irrazionalità delle emozioni. Formatrice di educazione digitale con un obiettivo: diffondere consapevolezza su questo mondo ricco di potenzialità, rischi e opportunità.

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