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La quarta intervista ai membri del Direttivo del Movimento Etico Digitale è ad Alessandro Vercellotti, che si definisce l’unico Avvocato del Digitale in Italia. All’interno del MED, si occupa sia degli aspetti legali che di quelli divulgativi e formativi. 

Alessandro Vercellotti che parla a un convegnoAlessandro, per prima cosa ti chiedo come hai iniziato a collaborare nel Movimento Etico Digitale. 

Sembra scontato dirlo, ma è successo grazie alla forza della rete. Il primo contatto l’ho avuto con Davide Dal Maso, che mi ha presentato il Movimento e mi ha proposto di entrarne a far parte, dato che c’era bisogno di una figura legale. Il mio interesse è stato immediato e così ho accettato in breve tempo. 

Ti definisci “l’unico avvocato del digitale in Italia”. Oltre alla narrazione del tuo personal branding, cos’è che ti contraddistingue in ciò che fai?

Negli ultimi due anni, ho investito molte energie per essere un professionista con conoscenze e competenze specifiche (es. contratti per il digitale, contest, copyright, privacy GDPR). Penso che trovare una nicchia cercando sempre di dare soluzioni concrete mi abbia reso più differenziabile e più distinguibile. E, nel linguaggio comune, mi ha portato a essere un avvocato un po’ diverso dal solito.

Tu fai una professione, quella legale, che a me piace definire ‘da ventesimo secolo’. Ma la fai in un modo che appartiene al ventunesimo: cioè flessibile, pronta al cambiamento e che genera un contributo reale e condivisibile. Come ti senti ad essere un avvocato atipico?

Il mio percorso non è tanto speciale. Ho studiato Giurisprudenza, ho fatto la pratica notarile e poi, lungo il percorso, ho ottenuto l’abilitazione alla professione forense. Ma ho sempre amato il marketing (e la pubblicità) ed ecco perché ho fatto diversi corsi in ambito di marketing digitale e un master specifico in marketing. 

A un certo punto, mi sono chiesto se volevo far convergere queste mie due anime che rappresentavano il mio background professionale da una parte e una vera passione dall’altra. Ho deciso di sì e, da quel momento, mi è venuto naturale creare anche un mio brand personale.

In quello che fai, ti senti un ‘pioniere’ o semplicemente un professionista con un suo codice etico ben delineato? 

Ti rispondo a livello molto personale. La professione dell’avvocato classico io non mi sento proprio di farla. Quando ho cominciato a fare dei video per divulgare informazioni e consigli, avevo l’esigenza di essere chiaro, esaustivo e pratico verso gli altri. Questo poi mi ha premiato anche dal punto del posizionamento nella ricerca digitale.

Oggi noto altri professionisti del settore giuridico che stanno seguendo il versante digitale come settore di consulenza, aumentando quindi la concorrenza nel settore. Ma solo due anni fa, quando ho fatto le mie prime analisi di mercato dei competitor, ti assicuro che non era così.  

Questo comporta un vantaggio per me: mi sprona a mantenermi focalizzato nel mio lavoro e nei servizi che offro.

Nel Movimento, la componente educativa diretta ha la finalità di colmare lacune formative che la società evidenzia spesso. Che rapporto hai con queste dinamiche?

Per ragioni personali, nella mia famiglia mi relaziono quotidianamente con ragazzi appartenenti al mondo della preadolescenza (i figli della mia compagna) e vedo il loro approccio con il mondo digitale. Questo già da tempo mi fa percepire dei dettagli del quotidiano, che da ‘vecchietto’ non saprei affatto cogliere. Solo all’interno del Movimento, però, ho iniziato a vedere queste dinamiche sociali con un’ottica più ampia, che mi porta a dare un contributo anche in ambito formativo ed educativo su larga scala.

Come interagisci con i nativi digitali che hanno vissuto un mondo senza internet?

Come te, io non sono nato digitalizzato. Lo sono diventato per necessità. Una delle cose che cerco di trasmettere ai ragazzi di oggi è un’attitudine allo spirito critico verso la ‘facilità delle cose’ a cui il mondo digitale ci abitua. Un ragazzino ha una soglia dell’attenzione mediamente più bassa ed è più incuriosito dalle novità e dagli strumenti agevolmente utilizzabili. 

Ai ragazzi cerco di far capire quali sono le conseguenze relazionali determinate dalla comunicazione che impostiamo con gli altri, anche se non siamo nello stesso luogo fisico.

Cosa consiglieresti a un giovane che vuole sviluppare dei progetti pratici, anche a livello imprenditoriale?

Di allenare una cosa che non si compra al supermercato e che serve tantissimo: l’umiltà. La seconda cosa che mi permetto di consigliare è quella di sforzarsi di trovare una nicchia, dato che la tuttologia è pericolosissima e, a un certo, diventa inaffidabilità e inconcludenza. 

La realtà è molto esigente e, a chi vuole intraprendere percorsi, chiede di specializzarsi. Il che significa studiare e provare ripetutamente, ricordandosi sempre di ascoltare, valutare e poi scegliere.

Enrico Chiari

Author Enrico Chiari

Storymaker | Formatore informale | Facilitatore. Finora solo due vite: nella prima, un percorso lineare. Nella seconda, la MIA strada. Sono un creatore di contenuti digitali, faccio formazione (informale e dinamica) in radici di personal branding, storytelling emozionale, armonia comunicativa online-offline. E facilito la comunicazione empatica nei gruppi.

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