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La notizia sta facendo il giro del web in queste ore: proprio come sta accadendo con Instagram, anche Facebook potrebbe nascondere il numero dei like sotto ai post. Il motivo? Secondo il sito Techcrunch, questa mossa sarebbe utile per distogliere l’attenzione delle persone da questo dato rispetto alla reale natura dei contenuti.

L’indiscrezione è trapelata dal tweet della ricercatrice Jane Manchung Wong, che ha scritto su Twitter: “Ho osservato – scrive Wong sul proprio blog – che Facebook ha recentemente iniziato a sperimentare una funzione che nasconde i like nella sua app Android”. La Wong ha spiegato che il conteggio dei like verrà nascosto a tutti e mostrato solo ai creatori del post.

Pare che Instagram stia ancora testando questa caratteristica nel nostro paese e in altri sette stati. Sembra che l’iniziativa voglia essere estesa anche sul celebre “social network blu”. Non solo: anche su YouTube presto non vedremo il numero esatto di utenti dei canali con oltre mille iscritti, ma solamente un numero indicativo. L’obiettivo è chiaro: limitare l’impatto negativo sull’autostima degli utenti. Da qui si apre un dibattito dove ognuno dice la sua: ha davvero senso questa mossa? Tutto ciò servirà a tranquillizzare gli utenti più giovani e a spingerli verso un uso più consapevole e positivo dei social? Secondo alcuni studi l’uso dei social avrebbe delle gravi conseguenze sulla salute mentale degli utenti. Ansia, depressione, paura di non sentirsi adeguati al mondo che ci circonda. Può essere questa la soluzione al problema?

La riflessione di Federico Sbandi: “oscurare i like è come spostare polvere sotto il tappeto”

Interessante, a questo proposito, la riflessione di Federico Sbandi sul Fatto Quotidiano: secondo lui, infatti, “il problema è che questa soluzione in realtà non risolve la questione di fondo, bensì la oscura, come polvere sotto il tappeto. Leggendo la questione da un punto di vista più ampio sembra che Facebook e Instagram si stiano sostituendo al ruolo dei genitori. La soluzione secondo Sbandi è una: “Dovremmo avere genitori consapevoli che curiosano in modo equilibrato e intelligente nei comportamenti digitali dei propri figli, e gli insegnano a dare il giusto peso a questi fenomeni digitali. Invece abbiamo imprenditori digitali che per non rovinare la reputazione dei propri brand assemblano un mondo irreale a uso e consumo dei loro clienti più giovani in cui di fatto viene eliminato il giudizio, e conta solo il contenuto.

Non dimentichiamoci che l’esperienza digitale è la fedele fotografia di quella fisica: nella vita esistono infatti cose belle e cose brutte. Rimuovere il conteggio dei like dai social per paura di ferire l’ego degli adolescenti significa insegnargli che nella vita esistono solo gli applausi, e mai i fischi. Significa, soprattutto, alimentare in modo distorto la loro autostima e predestinarli all’infelicità. Perché un giorno scopriranno che il mondo è un posto molto più difficile di quello che gli hanno raccontato Facebook e Instagram. E allora potrebbe essere troppo tardi.”

Il parere di Gregorio Ceccone: “una soluzione efficace se affiancata all’educazione digitale”

A far da contraltare a questa riflessione è Gregorio Ceccone, co-fondatore di Social Warning, che argomenta così la sua posizione a favore del cambiamento intrapreso da Instagram e Facebook:
“Credo che la soluzione di nascondere like possa effettivamente ridurre la tensione data dalla continua ricerca di conferma e gratificazione nel vedere i propri contenuti apprezzati dai nostri followers.

Che questo sia un apprezzamento reale o meno pare importare poco agli utenti dei principali social network. Veder aumentare il numero di like su una propria foto e/o contenuti multimediali condivisi genera una scarica di dopamina che ci fa indubbiamente stare bene.

Quante volte dopo aver pubblicato una fotografia o una storia controlliamo il numero di like o visualizzazioni? Quando vediamo che i nostri amici apprezzano e condividono quello che noi pubblichiamo, come ci sentiamo? Quando vediamo che nessuno ci sta prestando la sua attenzione, come ci sentiamo?

Queste reazioni a livello emotivo e a livello fisiologico creano una vera e propria dipendenza da questi social. Facebook lo sa bene ed infatti ha deciso di provare in maniera sperimentale questa modifica ai propri social network ma se il numero di utilizzatori o il tempo di utilizzo dell’applicazione diminuirà, sicuramente vedremo rimuovere questa modifica.

Ma come mai le grandi multinazionali dell’intrattenimento digitale stiano prestando sempre una maggiore attenzione anche a questioni educative? Per essere al sicuro da potenziali critiche? Per poter connotare come “educativamente testati” i propri dispositivi?

Concordo con quanto scritto da Federico: è fondamentale educare prima di tutto gli adulti alla relazione, digitale e non, con i propri figli. Non possiamo delegare questa funzione a strumenti tecnologici e grandi multinazionali che vedono nella logica del profitto la necessità di avere utenti sempre più connessi e che utilizzino questi strumenti il più possibile durante la nostra giornata.

Creare momenti di formazione che coinvolgano contemporaneamente giovani e adulti in cui siano entrambi attivi e partecipi. Momenti in cui condividere buone prassi educative e informazioni riguardanti anche la dimensione tecnica e commerciale che muovono queste grandi aziende.”

La vostra opinione

E voi, cosa ne pensate? Questo cambiamento può avere un aspetto positivo sul nostro rapporto con i social o rischia di distorcere il nostro modo di approcciare la realtà?
Fatecelo sapere sui nostri canali Facebook, Linkedin e Instagram, e non dimenticate di seguirci per non perdervi nessuno degli aggiornamenti di Social Warning!

Mattia Chiaruttini

Author Mattia Chiaruttini

Esperto nel campo del digitale, lavora come digital strategist in un'agenzia di marketing. Scrive su diverse testate online e ha collaborato con Le Iene per uno studio sulle fake news.

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